mercoledì 24 ottobre 2007

Grindhouse


Alla resa dei conti il vero Tarantino è stato a mio parere Robert Rodriguez. Contrariamente a quanto affermato da Kurt Russel all'uscita di Death Proof a seguito della discussa scissione dell'... "episodio" Planet Terror, ritengo che è stato assolutamente un bene operare una soluzione di continuità tra i due film, vuoi per un diversissimo impianto narrativo vuoi soprattutto per una diversità di stile e di presupposti estetici. Intendiamoci, non che Death Proof sia un prodotto da scartare, anzi: sequenze spettacolari come quella del tamponamento visto dall'angolazione delle diverse vittime rimarranno indelebili nell'immaginario del tarantiniano doc. Per non parlare del finale. Quello che non convince è invece il rimanere ancorato ad un'impostazione dei dialoghi che nella sua lungaggine resta fine a se stessa: per carità non voglio estendere il concetto ad un Jackie Brown o Pulp Fiction, che da alcuni epici scambi di battute traggono linfa vitale, ma sono convinto che un capolavoro assoluto come Kill Bill 2 perde peso proprio nelle lunghe boriose "menate" di Bill su Superman, che tolgono suspence e vigore alla manovra finale.
In Death Proof questo aspetto viene portato agli eccessi come mai Tarantino avesse fatto prima d'ora.
Altra cosa poco convincente è l'innesto delle colonne sonore. Ascoltare estratti morriconiani da L'uccello dalle piume di cristallo piuttosto che il Micalizzi di Italia a mano armata, piuttosto che il Gangster Story dei fratelli De Angelis, piuttosto che La polizia sta a guardare di Stelvio Cipriani durante le scene di inseguimento finali è assistere ad una decontestualizzazione che stavolta (a differenza delle precedenti prove) è figlia del citazionismo puro privo di alcun legame concettuale con le immagini.
Spero, visto l'amore e la stima che nutro per Tarantino, che questo non rappresenti il punto di non ritorno.
Tutt'altro discorso vale per Planet Terror. Già col superbo Sin City e prima ancora col cultissimo Dal tramonto all'alba, Rodriguez aveva mostrato i muscoli, ma con questo suo Planet Terror ha consegnato ai posteri il suo capolavoro.
Chissà quanti coglieranno la novità del linguaggio, l'impegno e la cura riposta in un'opera che partendo dall'analisi della filmografia a basso costo è in grado di codificare un impianto estetico nuovo, originale, moderno, letteralmente alternativo.
I dialoghi qui, secchi equilibrati, hanno un retrogusto tutt'altro che demenziale (come a prima vista potrebbe apparire): a tratti abbiamo la sagacia politica dei Simpson ma all'ennesima potenza.
L'ipotesi di una deriva romantica tra i protagonisti viene grottescamente spezzata dalla voce sguaiata della dottoressa che lancia la fune di salvataggio in una sequenza chè è già memorabile.
Luce dei miei occhi.